titolo 2° - DOVERI GENERALI DEL MEDICO

CAPO IV - ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI E TRATTAMENTI TERAPEUTICI


Art. 12 Prescrizione e trattamento terapeutico

-La prescrizione di un accertamento diagnostico e/o di una terapia impegna la responsabilità professionale ed etica del medico e non può che far seguito a una diagnosi circostanziata o, quantomeno, a un fondato sospetto diagnostico.
Su tale presupposto al medico è riconosciuta autonomia nella programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico, anche in regime di ricovero, fatta salva la libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso.
Le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche anche al fine dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente.
Il medico è tenuto a una adeguata conoscenza della natura e degli effetti dei farmaci, delle loro indicazioni, controindicazioni, interazioni e delle prevedibili reazioni individuali, nonchè delle caratteristiche di impiego dei mezzi diagnostici e terapeutici e deve adeguare, nell’interesse del paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze metodologicamente fondate.
Sono vietate l’adozione e la diffusione di terapie e di presidi diagnostici non provati scientificamente o non supportati da adeguata sperimentazione e documentazione clinico-scientifica, nonché di terapie segrete.
In nessun caso il medico dovrà accedere a richieste del paziente in contrasto con i principi di scienza e coscienza allo scopo di compiacerlo, sottraendolo alle sperimentate ed efficaci cure disponibili.
La prescrizione di farmaci, per indicazioni non previste dalla scheda tecnica o non ancora autorizzate al commercio, è consentita purchè la loro efficacia e tollerabilità sia scientificamente documentata.
In tali casi, acquisito il consenso scritto del paziente debitamente informato, il medico si assume la responsabilità della cura ed è tenuto a monitorarne gli effetti.
E’ obbligo del medico segnalare tempestivamente alle autorità competenti, le reazioni avverse eventualmente comparse durante un trattamento terapeutico.

Commento
Questo articolo è fondamentale all’interno del codice ed è da ritenere, indubbiamente, punto di snodo dell'intero impianto codicistico. Come già detto il procedimento seguito per l’approvazione del nuovo codice di deontologia medica è stato caratterizzato da una rafforzata democraticità di confronto. Il dibattito all’interno degli Ordini su principi fondamentali e sul dettaglio dell’impianto codicistico è stato particolarmente serrato e l’art. 12 è stato uno degli articoli maggiormente approfonditi proprio per la significatività degli elementi contenuti nel testo stesso, primo fra tutti l’introduzione del principio dell’uso appropriato delle risorse economiche, principio che non può, comunque, condizionare l’autonomia del medico nelle appropriate scelte diagnostiche e terapeutiche.
Si tratta di un principio voluto proprio perché rispondente a indirizzi e scelte ormai acquisiti a livello nazionale e internazionale. In questo senso è stata sottolineata la necessità di una equa allocazione delle risorse economiche a disposizione, anche attraverso la responsabilizzazione del medico, nell’interesse dell’intera collettività.
Nell’art. 12 è rimarcata l’autonomia che accompagna il medico nella programmazione, nella scelta del presidio diagnostico terapeutico da applicare, da confrontare con la libertà di scelta che a ciascun cittadino è riconosciuta; libertà comunque supportata da una effettiva e consapevole assunzione di responsabilità in caso di rifiuto di cure proposte.
L’ultima parte dell’art. 12 sottolinea con particolare forza il principio di autonomia del medico, di responsabilità dello stesso riguardo alle scelte terapeutiche da effettuare. Si sottolinea il dovere del medico di accedere alle richieste del paziente, ma assolutamente di respingerle laddove queste fossero in contrasto con quei principi di scienza e coscienza che sono fondamento etico dell’esercizio professionale.
Quest’articolo costituisce una summa di principi basilari per l’attività professionale del medico.
L'autonomia professionale è una delle caratteristiche che contraddistinguono il professionista anche in rapporto di lavoro subordinato. Nell'ambito della prestazione professionale cui il medico è quotidianamente chiamato esiste un ambito di discrezionalità culturale e tecnica e un'indipendenza, anche gerarchica, del professionista che, sotto la propria responsabilità, si occupa della diagnosi, della cura e della terapia del paziente.
A questo potere discrezionale corrisponde una correlativa responsabilità civile, penale e deontologica per eventuali errori inescusabili commessi. Molto ampio e delicato il dibattito che si sta ancora svolgendo, in dottrina e giurisprudenza, sulla natura della responsabilità professionale con particolare riferimento al grado della colpa che può rendere il medico "imputabile" da un punto di vista penale o, comunque, obbligarlo al risarcimento dei danni da un punto di vista civilistico.
Come è noto la responsabilità civile del prestatore d'opera intellettuale, e quindi anche del medico, è limitata solo al dolo o alla colpa grave se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di "speciale" difficoltà (art. 2336 c.c.).
Questa limitazione che riguarda soltanto il campo del diritto civile si applicherebbe non soltanto alla responsabilità contrattuale, ma anche a quella extracontrattuale cioè derivante da fatto illecito (cfr. Cass. 81/1544 e Cass. 71/1282). Questa limitazione di responsabilità era in passato applicata anche al campo penalistico contribuendo a creare un tipo di responsabilità per il professionista più attenuata rispetto a quella relativa alla normalità dei cittadini. Vi è da dire che ultimamente questi orientamenti sono stati modificati dalla giurisprudenza in varie sentenze in cui è stata sancita la responsabilità del professionista secondo i comuni canoni della colpa scaturente da imprudenza, imperizia e negligenza. Senza pretendere di sintetizzare tutta la complessa problematica della c.d. colpa professionale e della correlativa responsabilità è però opportuno fare cenno al concetto di consenso informato. Il medico deve, cioè, ottenere il consenso alle cure o agli interventi che intende realizzare da parte del paziente stesso ove possibile o, altrimenti, dai suoi legali rappresentanti. Il consenso in forma scritta è, ovviamente, necessario quando si tratti di interventi delicati e pericolosi per la vita del paziente stesso.
Il medico, a questo riguardo, deve fornire la necessaria e completa informazione affinché tale consenso non possa essere considerato frutto di ignoranza sulle effettive conseguenze dell'attività del medico.
E' opportuno, infine, segnalare che da un punto di vista processuale e di prova, secondo i normali canoni giuridici, al medico, come a qualsiasi altro professionista, spetta l'obbligo di dimostrare di aver svolto il proprio incarico professionale: spetterà, invece, al paziente provare di aver subito un danno derivante dalla colpa del professionista stesso.
Il medico, come qualsiasi altro libero professionista, è tenuto a fornire prestazioni di carattere tecnico e culturale fondate su precise conoscenze ed esperienze derivanti, a loro volta, dalla scienza ufficiale che, come è noto, si evolve in continuazione. Da ciò emerge l'obbligo dell'aggiornamento professionale che costituisce, peraltro, oggetto specifico del successivo art. 16 del codice deontologico.
Le prescrizioni e i trattamenti terapeutici devono, poi, essere ispirati al principio del c.d. "rischio-beneficio". I pericoli e le controindicazioni della cura devono cioè essere bilanciati dalla possibilità di successo o, comunque, di buon risultato della cura stessa. Quello che il comma dell'articolo in commento vuol significare è che deve essere evitata la c.d. "temerarietà professionale", cioè una condotta che non tenga conto di possibili complicazioni e di eventuali conseguenze dannose, ispirata a una ottimistica, ma non completamente fondata, fiducia sulle potenzialità positive della cura e dell'intervento prescelto.
Il medico è tenuto ad una adeguata conoscenza dei farmaci e dei loro effetti e conseguenze anche nelle prevedibili reazioni individuali. E' tenuto, inoltre, a conoscere le caratteristiche e la natura dei mezzi diagnostici che utilizza e prescrive. Naturalmente il livello di diligenza e di conoscenza cui il medico è tenuto non può essere, sempre e comunque, del livello dello scienziato di fama internazionale. La giurisprudenza ha già da tempo chiarito che il punto di riferimento per comprendere se ci siano colpe del medico è quello basato sulla diligenza di quel tipo medio di buon professionista della stessa categoria cui appartiene il medico di cui trattasi. La valutazione sul comportamento del medico non può, ovviamente, essere limitata soltanto a criteri freddamente oggettivi e tecnici, ma deve essere aperta alle particolari condizioni in cui si svolge l’atto medico, legate al rapporto di personalità della prestazione professionale e di fiduciarietà nei confronti del paziente.
L'adozione da parte del medico di terapie nuove deve essere limitata all'ambito della sperimentazione clinica e non può quindi sussistere nel campo del rapporto di cura con il paziente. Il codice deontologico dedica alla questione della sperimentazione clinica vari articoli cui rimandiamo per l'approfondimento delle relative tematiche.
La giurisprudenza ha da tempo riconosciuto al medico la "libertà di scelta terapeutica": il che consente al professionista di utilizzare terapie anche non strettamente tradizionali e comunemente praticate purchè si attenga sempre alle regole della prudenza e del rispetto delle conoscenze scientifiche. Il medico, in buona sostanza, cade nella colpa professionale e nella relativa responsabilità quando il trattamento terapeutico da lui utilizzato non trovi alcun supporto o giustificazione scientifica. Eguale responsabilità sussiste, qualora in presenza di trattamenti terapeutici di comprovata efficacia, il medico scelga senza validazione terapie non ancora sufficientemente garantite e sperimentate.