titolo 3° - RAPPORTI CON IL CITTADINO

CAPO I - REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO


Art. 17 Rispetto dei diritti del cittadino

Il medico nel rapporto con il cittadino deve improntare la propria attività professionale al rispetto dei diritti fondamentali della persona.

Commento:
La tradizionale terminologia "paziente" del Codice è stata, non completamente, sostituita, ma fortemente innovata, rispetto ai Codici precedenti.
Si è volutamente scelto di utilizzare in prevalenza il termine cittadino laddove si è inteso sottolineare una universalità di principi fondamentali. L’art. 17 è appunto uno di questi articoli, particolarmente significativo, che può essere considerato chiave di lettura utile per individuare l’esatta prospettiva secondo cui la professione medica si colloca nell’ambito della società.
Si è al contrario fatto ricorso alla terminologia "persona assistita" o "malato" laddove si è inteso scongiurare il rischio di letture paternalistiche e anacronistiche del rapporto medico cittadino, oltre che il frequente errore di significato riguardo alla parola paziente intesa quasi sempre come colui che sopporta quando invece letteralmente dal latino patior è da tradurre in colui che soffre.
Con il nuovo art. 17 cambia, in via generale, l'impostazione del rapporto medico-paziente. Da posizione passiva si passa a quella attiva di tutela e di rispetto dei suoi diritti fondamentali, dando un chiaro segnale di un diverso proporsi del rapporto medico-paziente. Nell'ambito di tale rapporto la posizione obiettivamente predominante del medico - dovuta alle sue competenze professionali, alla rilevanza del bene salute che si trova a gestire, all'affidamento psicologico che il paziente ha nei suoi confronti- deve, comunque, essere dal medico stesso fatta oggetto di un'opera continua di bilanciamento e riequilibrio con la posizione della persona assistita così da garantire il rispetto dei diritti di quest'ultimo in quanto persona.
Si è operato nel nuovo codice un importante recepimento di principi fondamentali della Carta Costituzionale (art. 2 e 3 Cost.) e, quindi, una trasformazione di tali principi da norma giuridica a norma deontologica.
Questa scelta non è di secondario rilievo; infatti da un pregresso divieto di strumentalizzazione della propria posizione professionale a fini di prevaricazione e di dominio psicologico sul paziente si è passati a una funzionalizzazione di detta posizione, al riconoscimento e al rispetto dei diritti fondamentali del paziente, ulteriori e non secondari rispetto a quello della salute sancito dall'art. 32 della Costituzione.
L'art. 17 è in parte una traduzione ancor più puntuale del principio espresso dalla Conferenza Internazionale degli Ordini dei Medici (anno 1987), secondo cui "... il medico non può sovrapporre la sua concezione di vita a quella del paziente" e, in parte, è anche un superamento di tale principio in quanto nella stessa formulazione della norma deontologica viene tratteggiato un rapporto medico-paziente in cui le rispettive posizioni sono ab origine paritarie e non vi è più alcun accenno alla predominanza della posizione del professionista.
Di ciò si ha poi riscontro e conferma in altre norme dello stesso codice quali quelle concernenti l'informazione e il consenso del paziente
L'articolo in esame è, sostanzialmente, l'indice del mutamento, intervenuto in ambito sociale, del rapporto medico-paziente, che è divenuto paritario, per una serie di ragioni fra cui la crescita del livello culturale medio e la maturata coscienza dei diritti individuali.
Il mutamento del rapporto medico-cittadino, anche in ambito sociale e giuridico, esalta il vero significato della deontologia medica.