titolo 3° - RAPPORTI CON IL CITTADINO

CAPO II - DOVERI DEL MEDICO E DIRITTI DEL CITTADINO


Art. 25 Sfiducia del cittadino

Qualora abbia avuto prova di sfiducia da parte della persona assistita o dei suoi legali rappresentanti, se minore o incapace, il medico può rinunciare all'ulteriore trattamento, purché ne dia tempestivo avviso; deve, comunque, prestare la sua opera sino alla sostituzione con altro collega, cui competono le informazioni e la documentazione utili alla prosecuzione delle cure, previo consenso scritto dell'interessato.

Commento:
L’art. 25 del testo attuale con la sostituzione del termine paziente con quello di cittadino, come già esplicitato in precedenza, riconosce dignità universale al soggetto che si affida al medico e non contiene in sé grosse modifiche rispetto al passato. Si sottolinea semplicemente che, in ottemperanza alle previsioni della legge 675/96, è stato inserito il consenso scritto dell’interessato nel caso in cui ci sia una sostituzione tra medici e quindi uno scambio di informazioni e documentazioni utili alla prosecuzione delle cure.
Questo articolo si basa e si incentra sull’elemento fondamentale del rapporto fiduciario tra medico e paziente, che può venire interrotto, laddove venga meno il principio di correttezza nei rapporti tra due soggetti.
Così come nella precedente versione, nel nuovo articolo non viene specificato il significato delle prove di sfiducia che sono causa dell’interruzione del rapporto medico-paziente. In proposito deve rinviarsi alla dottrina prevalente, facendo riferimento ai concetti generali e alla prassi delle relazioni sociali.
Viene espresso in questo articolo, anche se in maniera non diretta, uno dei principi informatori dell’attività del medico, ovvero il rispetto del rapporto di colleganza, di correttezza tra i colleghi che si manifesta, nello scambio doveroso di informazioni e documentazioni, teso alla realizzazione del beneficio del paziente.
L'importanza del rapporto di fiducia medico-paziente, viene inquadrata, in questo articolo, dal punto di vista del medico.
Infatti, la mancanza di tale elemento fondamentale dà al curante la facoltà di rinunciare all'incarico o alla sua prosecuzione, venendo meno uno dei pilastri su cui deve fondarsi il rapporto per risultare proficuo per entrambi i soggetti coinvolti.
In caso di sfiducia dimostrata dal paziente se al medico viene riconosciuta la facoltà di recedere dal rapporto è però fatto obbligo allo stesso di bilanciare detta facoltà con gli interessi del paziente e, in primis, con quello alla tutela della salute.
La volontà di recesso, pertanto, va comunicata con tempestività al paziente o ai suoi legali rappresentanti affinchè possano idoneamente provvedere alla sostituzione del curante. Il medico, fino alla sostituzione, dovrà provvedere, ove necessario, a continuare la sua opera professionale, quindi fornire al collega che gli subentra, tutte le informazioni e la documentazione utili e non solo quelle strettamente necessarie, per la prosecuzione delle cure.
In sostanza, la sfiducia dimostrata dal paziente non può essere per il medico un alibi per comportamenti di rivalsa nei confronti di chi non ha mostrato di apprezzare la sua opera professionale e di chi viene a sostituirlo.
Al riguardo va rammentato altresì, per ciò che attiene all'obbligo deontologico, sancito dal presente articolo, della continuazione della prestazione professionale fino alla sostituzione con altro collega, che il mancato rispetto di tale obbligo può comportare per il medico gravi conseguenze anche d'ordine legale, ed in particolare di natura penale, ove la mancata prestazione realizzi gli estremi del reato di omissione di soccorso (art.593 c.p.) o, in caso ne sia derivato aggravamento o morte del paziente, quelli di lesioni e omicidio.
In materia la giurisprudenza dominante appare alquanto severa nei confronti del medico al quale viene fatto obbligo, in via generale, di garantire che l'ammalato, comunque, non resti senza cure.
Per ciò che attiene, poi, al dovere di fornire al collega subentrante tutte le informazioni utili e la documentazione, va evidenziato che tale direttiva comportamentale va inserita in un più ampio quadro concernente il principio di correttezza nei rapporti fra colleghi trattato, sotto altri aspetti, dal seguente titolo IV cui si rinvia.
Va però rilevato che in tale particolare previsione, la correttezza fra colleghi non è considerata, in via principale, quale valore a sè stante, ma solo strumentalmente, come mezzo per garantire un'effettiva tutela della salute del paziente.