titolo 3° - RAPPORTI CON IL CITTADINO

CAPO VIII - SPERIMENTAZIONE


Art. 47 Sperimentazione clinica

La sperimentazione, disciplinata dalle norme di buona pratica clinica, può essere inserita in trattamenti diagnostici e/o terapeutici, solo in quanto sia razionalmente e scientificamente suscettibile di utilità diagnostica o terapeutica per i cittadini interessati.
In ogni caso di studio clinico, il malato non potrà essere deliberatamente privato dei consolidati mezzi diagnostici e terapeutici indispensabili al mantenimento e/o al ripristino dello stato di salute.

Commento:
L’articolo in commento riguarda essenzialmente la sperimentazione clinica con particolare riferimento a quella di nuovi farmaci.
La dichiarazione di Helsinki sulla ricerca clinica formula le seguenti raccomandazioni.
1 Nel trattare il malato, il medico deve essere libero di far ricorso ad una nuova misura diagnostica e terapeutica se a suo giudizio questa offre la speranza di salvare una vita umana, ridare la salute o alleviare le sofferenze.
2 I potenziali vantaggi, rischi e disagi in un nuovo metodo andranno confrontati con i vantaggi dei migliori metodi diagnostici e terapeutici di uso corrente.
3 In ogni studio medico tutti i pazienti - inclusi quelli di un eventuale gruppo di controllo - devono avere la garanzia che nel loro caso vengano impiegati i migliori metodi diagnostici e terapeutici.
4 Il rifiuto del paziente di prendere parte ad uno studio non deve mai interferire con la relazione medico-paziente.
5 Qualora il medico ritenga di fondamentale importanza non ottenere il consenso informato del paziente le ragioni specifiche di questa proposta vanno dichiarate nel protocollo sperimentale da trasmettersi al comitato indipendente.
6 Il medico può combinare ricerche mediche e cure allo scopo di acquisire nuove conoscenze mediche soltanto se ed in quanto la ricerca medica è giustificata dal suo potenziale valore diagnostico e terapeutico per il paziente.
Per quanto riguarda la sperimentazione di nuovi farmaci sono tuttavia intervenute le nuove direttive di cui al decreto ministeriale 18 marzo 1998 che prevedono il decentramento dell’attività di ratifica dei nuovi farmaci attraverso la successiva sperimentazione effettuata in sede clinica in fase III e IV.
In pratica, seguendo l’orientamento espresso in sede di Comunità europea che sottopone la sperimentazione di medicinali (sia nuovi che diversamente utilizzati) a precise regole cosiddette di "good clinical practice" approvate dall’U.E. il 17.7.1996, il Governo italiano, con D.M. 15 luglio 1997 ha recepito tale metodologia che chiaramente stabilisce le norme amministrative e i requisiti tecnici scientifici ed etici dei protocolli presentati dalle industrie farmaceutiche che assumono la qualifica di sponsor.
Successivi decreti hanno decentrato alle aziende sanitarie o ai centri clinici specializzati il controllo di efficacia e di sicurezza dei farmaci proposti, prima della loro dichiarazione di notorietà e immissione in mercato. Una responsabilità di così forte peso sanitario e morale viene così confidata come in ogni altro paese evoluto, ai centri clinici ove si affrontano le essenziali fasi della sperimentazione sull’uomo sano ma più spesso sull’ammalato, attraverso metodologie molto rigorose che prevedono il confronto (spesso versus placebo), la somministrazione con le procedure della cecità semplice o doppia, la valutazione biostatistica dei risultati (Decreto 18 e 19 marzo 1998).
Si tratta di delicatissime valutazioni clinico scientifiche ed etiche di cui è garante e giudice (unico) un Comitato Etico indipendente, operante sulla struttura ove si realizza l’esperimento e che è obbligatoriamente composto da figure professionali, almeno in parte esterne alla struttura, che prevedono la presenza di 2 clinici, di un farmacologo, di un biostatistico, di un bioeticista e di un medico legale.
Fondamentale nelle regole di buona condotta clinica è il consenso dell’ammalato, che deve essere consapevole dei benefici ma anche dei rischi connessi alla sperimentazione.
In questa chiave va letto oggi l ‘art.37 che va oltre le stesse regole europee, là ove assicura che il paziente non venga privato della terapia già consolidata per efficacia e sicurezza.
Queste nuove regole esaltano in definitiva il ruolo del Comitato etico ma creano indubbie difficoltà organizzative e di rapporto con le altre istanze etiche del tutto esenti da vincolatività, che sottendono la consulenza etica per le sperimentazioni diverse da quelle dirette a validare i nuovi farmaci.