titolo 4°- RAPPORTI CON I COLLEGHI

CAPO I - SOLIDARIETA' TRA MEDICI


Art. 57 Rispetto reciproco

Il rapporto tra i medici deve ispirarsi ai principi del reciproco rispetto e della considerazione della rispettiva attività professionale.
Il contrasto di opinione non deve violare i principi di un collegiale comportamento e di un civile dibattito.
Il medico deve assistere i colleghi senza fini di lucro, salvo il diritto al recupero delle spese sostenute.
Il medico deve essere solidale nei confronti dei colleghi sottoposti a ingiuste accuse.

Commento:
Questo articolo riunisce in sé alcune fattispecie che nel codice del 1995 venivano affrontate analiticamente.
In realtà l’attuale formulazione sembra più rispondente al principio generale della solidarietà. Sono infatti sottolineate differenti situazioni tutte convergenti, verso il rispetto di questo principio. Il senso della solidarietà che non deve essere inteso negativamente come atteggiamento corporativo fra individui facenti parte dello stesso gruppo professionale, bensì, come patto di collaborazione nell’esclusivo interesse del paziente.
Nel commento all'art. 1 si è visto che fra i principi cardine della deontologia professionale medica rientra il cosiddetto "spirito di colleganza": solidarietà fra gli individui che fanno parte di uno stesso gruppo sociale.
E' proprio l'appartenenza ad una stessa comunità che fa nascere o dovrebbe far nascere il sentimento di reciproca considerazione e di comune sentire.
E' necessario, peraltro, che lo spirito di colleganza, che ha una valenza senz'altro positiva in quanto porta alla collaborazione fra colleghi e ad un mutuo soccorso, non degeneri in forme negative che vengono definite "di corporativismo" (l'appartenenza alla categoria professionale finisce con il divenire il valore più importante anche rispetto alle esigenze e alla necessità della generalità dei cittadini).
Lo spirito di colleganza deve essere correttamente inteso come una vera solidarietà tra colleghi, non solo dal punto di vista professionale ma anche sociale e familiare. Un aspetto importante è costituito dal rispetto delle altrui opinioni professionali che possono non collimare fra colleghi. Tali divergenze non devono mai divenire occasioni di attrito di carattere personale, ma devono, anzi, costituire opportunità di confronto civile di opinioni.
L'attività professionale medica, pur essendo ormai basata su elementi di scientificità, può non sempre comportare una sola soluzione e un solo corretto approccio alla malattia.
Tale momento di confronto è particolarmente stimolante in quanto permette ai colleghi di confrontare, con il necessario rispetto reciproco, le rispettive esperienze arricchendosi vicendevolmente. Può accadere, peraltro, che queste differenze di opinioni portino invece a contrasti di carattere personale. Litigi e gravi incomprensioni costituiscono, indubbiamente, una grave violazione del principio di colleganza che oltre a rendere più difficile il lavoro dei medici, apportano un indubbio discredito all'intera categoria che vede lesa da questi fatti la dignità stessa della professione.
E' opportuno fare un breve cenno sul problema della competenza disciplinare dell'Ordine sui medici impiegati in una Pubblica Amministrazione. Ai sensi dell'art.10 del DLCPS 13.9.1946, n.233, l'Ordine è competente disciplinarmente, in questi casi, solo limitatamente all'esercizio libero professionale. Questa normativa ha portato alcuni a ritenere inibito il potere disciplinare dell'Ordine nei confronti dei medici dipendenti (si pensi ad esempio ai medici ospedalieri) che svolgono la propria opera interamente nell'ambito del rapporto d'impiego che li lega al Servizio Sanitario Nazionale. In realtà, invece, la tesi prevalente è quella che ritiene l'Ordine competente, da un punto di vista disciplinare, anche sui medici dipendenti quando il comportamento scorretto posto in essere non riguardi strettamente il rapporto di lavoro con la P.A. ma derivi dalla violazione di regole di comportamento concernenti l'esercizio della professione medica.
Il caso di un grave diverbio fra colleghi che, ad esempio, getti discredito sull'intera categoria medica costituisce, indubbiamente, una situazione in cui l'Ordine ha il diritto-dovere di intervenire disciplinarmente anche su medici "impiegati in una Pubblica Amministrazione".
Rientra nel vasto quadro del principio di colleganza anche la necessaria solidarietà che deve sussistere fra i colleghi. L'elemento solidaristico ha, da sempre, caratterizzato i rapporti fra gli appartenenti ad una stessa categoria o gruppo sociale. Questo aspetto esiste sin dal sorgere delle libere professioni i cui esponenti hanno sempre tenuto ben presente la necessità di esprimere reciproca solidarietà e di organizzarsi per creare forme di assistenza.
La solidarietà nel gruppo professionale ha sempre riguardato sia l'aspetto familiare (attraverso l'aiuto ai congiunti del professionista deceduto o in grave difficoltà) sia l'aspetto professionale (la sostituzione dei colleghi ammalati o comunque non in grado di far fronte ai propri impegni).
E' opportuno, peraltro, sottolineare che nell'odierna società le esigenze di solidarietà all'interno di una categoria vengono sempre più frequentemente assicurate attraverso l'istituzione di appositi enti previdenziali e assistenziali che, autofinanziati dagli stessi professionisti, hanno lo scopo di garantire ai propri iscritti e ai loro familiari il mantenimento di un certo livello di vita anche nei momenti di difficoltà.
Per quanto riguarda ancora l’ultimo comma dell'articolo in commento l'interesse del "legislatore deontologico" è quello di invitare alla solidarietà ed all'aiuto i medici nei confronti di colleghi accusati ingiustamente. Questo avviene più spesso di quanto non si creda, specialmente in riferimento alle campagne (più giornalistiche che giudiziarie) che tendono a colpevolizzare il medico per tutte le varie deficienze, spesso solo di carattere organizzativo e burocratico che ancora caratterizzano la sanità italiana. Non si vuole invitare i medici a forme di omertà a favore di colleghi immeritevoli; si intende invece evidenziare la necessità che la categoria sappia dimostrarsi solidale con i medici quando vengono accusati in modo palesemente ingiusto.
Anche questo articolo costituisce una esplicita applicazione del principio di colleganza e, richiamando una tradizione antichissima, prescrive che il medico presti la propria assistenza gratuitamente ai colleghi.
Il codice deontologico vuole, in sostanza, affermare che il medico non deve richiedere un compenso al collega per lo svolgimento della propria opera professionale, in relazione alla solidarietà che deve legare i componenti lo stesso gruppo professionale.
E' interessante notare che, nell'ambito del diritto questa prassi non viene considerata una "donazione" in senso tecnico (art.769 c.c.) ma semplicemente un atto a titolo gratuito. Da un punto di vista giuridico è atto a titolo gratuito quello in cui, pur riscontrandosi un beneficio in chi ne gode (c'è una prestazione priva di controprestazione), manca un correlativo depauperamento del patrimonio di chi lo pone in essere e non vi è nemmeno aumento del patrimonio di chi ne benefici.