titolo 4° - RAPPORTI CON I COLLEGHI

CAPO II- CONSULENZA E CONSULTO


Art. 59 Consulenza e consulto

Il medico curante deve proporre il consulto con altro collega o la consulenza presso idonee strutture di specifica qualificazione, ponendo gli adeguati quesiti e fornendo la documentazione in suo possesso, qualora la complessità del caso clinico o l'interesse del malato esigano il ricorso a specifiche competenze specialistiche diagnostiche e/o terapeutiche.
Il medico, che sia di contrario avviso, qualora il consulto sia richiesto dal malato o dai suoi familiari, può astenersi dal parteciparvi fornendo, comunque, tutte le informazioni e l'eventuale documentazione relativa al caso.
Il modo e i tempi per la consulenza sono stabiliti tra il consulente e il curante secondo le regole della collegiale collaborazione.

Commento:
L’art. 59, in modo più sintetico rispetto alle precedenti stesure del codice di deontologia medica, disciplina i rapporti che devono intercorrere tra il curante e il medico chiamato a fornire la propria consulenza. Ovviamente tali rapporti investono la figura del cittadino – malato di cui devono essere sempre e comunque rispettati il diritto alla riservatezza e la libertà di scelta.
Abbiamo già visto negli articoli precedenti i principi che devono caratterizzare l'operato dei medici nell'ambito dei rapporti fra colleghi che si occupano, per vari motivi di uno stesso caso. L'articolo in commento, però, prevede qualcosa di diverso in quanto pone a carico del medico curante non la semplice facoltà, ma l'obbligo di proporre una consulenza con un altro collega o presso idonea struttura specialistica quando sia necessario il ricorso a peculiari e adeguate competenze.
E' questa una situazione in cui viene affidata al medico una responsabilità particolarmente delicata cioè quella di "farsi giudice di se stesso" e della propria inadeguatezza a far fronte da solo a un caso clinico particolarmente difficile.
Questa situazione non deve essere interpretata come dimostrazione di scarsa cultura del medico (considerando l'enorme vastità dell'attuale sapere medico e la sua sempre più necessaria specializzazione) ma anzi come una prova di responsabilità e di conoscenza delle gravi conseguenze che può avere una diagnosi e quindi una terapia non perfettamente adeguate al caso.
Sarà necessario, ovviamente, anche il consenso del paziente considerando che, sia l'art. 32, secondo comma della Costituzione, "nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" sia la stessa legge 833/78 e sia successivi interventi normativi riconoscono il diritto al paziente di scegliere il medico e il luogo dove vogliono essere curati. E' ovvio, però, che in questo campo è enorme la discrezionalità del medico avendo egli la facoltà di suggerire e consigliare con la necessaria competenza legata al suo specifico ruolo professionale.
Non esistono indicazioni e tanto meno direttive precise in ordine alla modalità di svolgimento della consulenza essendo opportuno lasciare ai due professionisti interessati il compito di accordarsi per garantire il miglior successo dell'iniziativa nell'interesse esclusivo del paziente. Occorre tenere presente, infatti, che il fine della consulenza è quello di pervenire, tramite il collegiale confronto fra colleghi, ad una diagnosi e quindi a un indirizzo terapeutico che permetta di fornire al malato la migliore cura e assistenza possibili.
Resta affidata allo spirito di collaborazione e al reciproco rispetto fra medico curante e consulente, normalmente un medico specialista, la scelta delle modalità operative ma anche temporali attraverso le quali svolgere la consulenza. E' ovvio che la presenza contemporanea di tutti i medici interessati rappresenta la soluzione migliore per garantire l'esame approfondito ed informato del caso.
L’articolo vuole significare che il rapporto intercorrente fra medico curante e consulente è assolutamente paritario quale che sia il prestigio professionale eventualmente riconosciuto allo specialista.
I colleghi coinvolti devono scambiarsi, nel più assoluto rispetto dei loro convincimenti, opinioni e conoscenze atte a favorire una corretta diagnosi che permetta di assicurare al malato le cure necessarie. Non è possibile, infatti, sottovalutare il ruolo del medico curante che, attraverso la propria conoscenza del malato e della sua situazione pregressa, è in grado di fornire dati illuminanti anche al consulente che non ha avuto, ovviamente, la possibilità di seguire la malattia sin dal suo primo manifestarsi.