MEDICINA INTERNA: VOLUME PRIMO
Titolo originale: Internal
Medicine 2° edizione 1998. Editoriale Grasso Bologna.
Capitolo
N° 221. polmoniti nosocomiali
A cura del DR: Bruce F. Farber, Richard P. Wenzel
Curatore della edizione
Italiana delle malattie infettive: Prof.
straordinario Francesco Chiodo
Università di Bologna
Una polmonite
nosocomiale si verifica in circa il 5%
dei pazienti ricoverati in reparti universitari e in oltre lo 10% A dei soggetti ricoverati in ospedale. La
mortalità generale e del 35%, dei quali quasi la metà ha sviluppato la
polmonite durante un periodo di ventilazione assistita.
I microrganismi
abitualmente riscontrabili nell'espettorato di un soggetto che abbia contratto
una polmonite nosocomiale sono i
batteri aerobi gram negativi, la Klebsiella pneumoniae,
Enterobacter spp.,
l’Escherichia coli, lo Pseudomonas aeruginosa Proteus
spp. e vari batteri anaerobi. Nella maggior parte dei
casi questi germi raggiungono gli alveoli attraverso l’albero respiratorio dopo
aver colonizzato le vie aeree superiori. Il 2-18% dei soggetti sani presenta
una colonizzazione faringea di ceppi gram negativi; comunque, più del 40% dei pazienti in unità di terapia
intensiva mostra tale colonizzazione entro 5 giorni. La colonizzazione
dell'albero respiratorio superiore da parte di batteri gram negativi è
un'importante premessa allo sviluppo
di una successiva infezione. In uno studio clinico è stato verificato che una
polmonite nosocomiale si sviluppava nel 23%
dei soggetti ricoverati in unita di terapia intensiva, che presentavano una
colonizzazione batterica e solo nel 3% dei pazienti senza tale colonizzazione.
Un'aumentata colonizzazione da batteri gram negativi e in rapporto ad una
progressiva debilitazione e i fattori che facilitano la colonizzazione sono gli
stessi che alterano i normali meccanismi di difesa dell'organismo. Nei reparti
di terapia intensiva oltre il 75% dei
pazienti ospedalizzati da più di due settimane presenta una colonizzazione batterica.
Pertanto la polmonite da aspirazione ha un diverso significato tra i soggetti
ospedalizzati e quelli non ricoverati (v.cap.220) e richiede un intervento
terapeutico differenziato. L'infezione ematogena del
polmone è meno frequente della polmonite da aspirazione, ma ha un'importanza
ben maggiore nei soggetti ustionati, la cui polmonite (in particolare da P.
aeruginosa) è spesso secondaria ad infezioni delle zone ustionate. A differenza
di quanto avviene per le forme da aspirazione, le polmoniti ematogene
sono in genere bilaterali, a carico dei lobi inferiori e accompagnate da
versamento; pleurico.Come abbiamo ricordato, i pazienti che presentano il
maggior rischio di sviluppare una polmonite nosocomiale sono nelle unità di
terapia intensiva. La maggior parte di questi pazienti è affetta da una
preesistente malattia a carico del cuore, del polmone e/o del SNC ed è sottoposta a ventilazione assistita.
In circa il 25% dei
soggetti sottoposti a ventilazione assistita si sviluppa una polmonite da gram
negativi. Purtroppo, anche se molti pazienti ad alto rischio possono essere
individuati prima ancora di sviluppare un’infezione non esistono sicure misure
profilattiche. L’istillazione locale di antibiotici
nel faringe e nel polmone per mezzo di aerosol non ha alcun valore, anzi questo
tipo di intervento ha determinato sviluppo di ceppi batterici resistenti.
La diagnosi di
polmonite nosocomiale e particolarmente difficile nei soggetti con gravi
malattie di base (tab. 221.1)
e nei soggetti sottoposti a ventilazione meccanica. Si dovrebbe pensare ad una
polmonite quando durante il ricovero in ospedale compaiono febbre, tosse
produttiva, tachipnea e cianosi e quando si apprezzano rantoli o segni di
addensamento polmonare. Di solito vi è una leucocitosi neutrofila
L'emogasanalisi dimostrerà una ipossiemia con ipocapnia
ed alcalosi respiratoria. Talvolta può verificarsi un ipercapnia e questo è un
segno prognostico sfavorevole. All’esame radiografico del torace si rileva un
infiltrato polmonare, con o senza versamento pleurico, che non era presente al
momento del ricovero. Nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica È
necessario eseguire frequenti esami dell'espettorato con colorazione di Gram al
fine di individuare sul nascere un’infezione (tav IV
22) L'aumento del numero dei neutrotili e ai
microrganismi può indicare lo sviluppo di un nuovo infiltrato, se questi segni
sono accompagnati dal peggioramento dei dati della gasanalisi
e se vengono esclusi atelettasie ed emboli polmonari, dovrebbe essere iniziata
la terapia. Gli esami colturali quotidiani sono costosi e non sono di aiuto per
distinguere una semplice colonizzazione delle alte vie respiratorie da una
polmonite. La decisione di iniziare una terapia antibiotica deve essere basata
sui risultati di un esame clinico completo; il peggioramento del quadro emogasanalitico da solo come una variazione del quadro
microscopico, non e sufficiente a porre diagnosi di polmonite. Una volta che
sia stata documentata una polmonite, dovrebbero essere effettuate indagini più
invasive volte ad identificare la causa
microbiologica, tra cui esami colturali
dell'escreto, del sangue e, se presente, del versamento pleurico (v cap 215) Talvolta è necessario effettuare biopsie polmonari
(a cielo aperto o transbronchiali), ma queste manovre invasive sono di solito
riservate ai pazienti immunodepressi che presentano infiltrati polmonari.
Quando l’esame microscopico dell'espettorato colorato col Gram rivela una flora
mista, allora è necessario eseguire un'aspirazione transtracheale. In ogni caso
devono essere tenute nel giusto conto le molte controindicazioni di questa
metodica (v. cap. 220).
Tabella 221.1 Malattie che possono simulare una polmonite
nosocomiale
|
Insufficienza
cardiaca congestizia Infarto polmonareAtelettasia
senza infezione Contusione ed
ematoma polmonare Versamenti
derivanti da infezioni addominali Interventi
chirurgici pancreatite ecc. |
Eziologia microbica
Il quadro microbiologico
della polmonite nosocomiale si differenzia dalla varietà acquisita al di fuori
dall'ospedale, dato che in genere prevalgono i batteri aerobi gram negativi. In
circa il 20% di questi pazienti possono essere isolati solo batteri
aerobi dall'aspirato transtracheale, dal sangue e dall'essudato pleurico; in un
altro 20% saranno isolati solo batteri anaerobi; nel 60%
un'associazione di entrambi.
La scelta
dell'antibiotico è basata sull'esito dell'esame microscopico dell'espettorato
mediante colorazione di Gram, sui risultati degli esami colturali e sulla
sensibilità agli antibiotici riscontrata tra i germi isolati da degenti dello
stesso ospedale. Se vengono utilizzati dati statistici è bene che questi
riguardino il singolo ospedale o, meglio, il singolo padiglione. Essi
consentono di prevedere quale percentuale di resistenza agli antibiotici betalattamici e agli aminoglicosidi
più utilizzati si potrà attendere nei casi di polmonite causata da gram
negativi. I casi di polmonite da germi aerobi gram negativi dovranno
probabilmente essere trattati con l'associazione di un betalattamico
con un aminoglicoside. Poiché gli anaerobi possono assumere un ruolo
importante, sarà preferibile utilizzare inizialmente gli antibiotici
beta-lattamici dotati di spettro più ampio (cioè attivi non solo contro i
batteri gram negativi, ma anche contro gli anaerobi). Le infezioni da
Pseudomonas vengono trattate meglio con una combinazione di ureidopenicillina,
ticarcillina o ceftazidime
o ticarcillina con tobramicina o gentamicina. Per le
infezioni da K. pneumoniae è raccomandata
l'associazione di una cefalosporina con un
aminoglicoside. L'amikacina può essere raccomandata negli ospedali in cui le
resistenze alla gentamicina ed alla tobramicina rappresentino un problema. Le cefalosporine di terza generazione possono anch'esse essere
efficaci contro microrganismi sensibili e possono essere usate da sole in
pazienti a rischio di tossicità da aminoglicosidi. Se
l'esame microscopico dell'espettorato con colorazione di Gram e gli esami
colturali suggeriscono la presenza di uno Staphylococcus aureus,
la terapia dovrebbe essere eseguita con una penicillina resistente alle penicillinasi. Negli ospedali nei quali vi siano resistenze
alla meticillina (da parte dello S. aueus) la terapia iniziale deve essere condotta con la vancomicina. Inoltre, i soggetti con
polmonite da stafilococco dovrebbero essere posti in isolamento stretto per
evitare il contagio crociato. La durata
ottimale della terapia di una polmonite contratta in ambiente ospedaliere dovrà
essere stabilita sulla base della risposta clinica. I pazienti ospedalizzati
per malattie che compromettono lo stato immunitario
(leucemie, linfomi, trapianti d'organo, pazienti sottoposti ad alte dosi di
steroidi e di farmaci citotossici) rischiano di contrarre infezioni da microrganismi non comuni (v.
cap. 218). Benché una polmonite nosocomiale in questi pazienti sia dovuta più
probabilmente a germi gram negativi, essi
hanno maggiori probabilità dei pazienti non immunodepressi di
essere infettati da agenti micotici (Aspergillus,
Cryptococcus, Candida e gli agenti della mucormicosi),
protozoi (Pneumocystis carinii e Toxoplasma
gondii), DNA virus (herpes simplex e citomegalovirus)
ed altri batteri (micobatteri e Nocardia). Inoltre
sono stati riportati casi d’infezioni nosocomiali da Legionella pneumophila e dall'agente della polmonite di Pittsburgh
{Legionella micdadei),
specialmente nei pazienti sottoposti a trapianto renale. I serbatoi di
infezione di molti agenti patogeni facoltativi sono sconosciuti. Ma la
Legionella è stata ritrovata nelle docce e nei
contenitori di acqua refrigerata e l’Aspergillus
è stato riscontrato nel corso di uno studio nel materiale anticendio
di un ospedale e, in un altro studio, nella polvere di un controsoffitto.
In questi soggetti di solito viene formulata una diagnosi definitiva adottando
procedure diagnostiche invasive. La biopsia del polmone a cielo aperto fornisce
i campioni migliori per la diagnosi di una polmonite interstiziale. La biopsia
o il lavaggio transbronchiale rivestono un'importanza inferiore alla biopsia
polmonare a cielo aperto in caso di polmoniti interstiziali, ma presentano una
minore morbilità e mortalità. In alcuni centri viene
utilizzato con successo il lavaggio broncoalveolare per porre diagnosi di
polmonite da Pneumocystis carinii, con pochi problemi clinici inerenti alla
tecnica usata. La scelta della procedura invasiva da
utilizzare dovrebbe essere basata sull'esperienza di coloro che sono coinvolti
nella cura del paziente.
Il
successo del trattamento in pazienti con alterazioni dei meccanismi di difesa
dipende dalla scelta di un agente antimicrobico specificamente diretto contro
l'agente patogeno e dal venir meno dello stato di immunodepressione. Una terapia iniziate ad ampio spettro,
volta a coprire tutti i potenziali agenti patogeni (per es.un
betalattamico ed un aminoglicoside per i batteri, il trimetoprim-suifametossazolo per il P. carinii,
l'eritromicina per la Legionella e l'anfotericina B per i vari miceti) presenta
problemi di tossicità e raramente ha successo se viene effettuata prima di una
diagnosi eziologica.
Per un
trattamento ottimale dopo che la terapia è stata iniziata è necessario
attenersi ad un protocollo; dovrebbero essere registrati giornalmente
l'emogasanalisi. L'aspetto dell'espettorato, i reperti microscopici, gli esami
radiografici del torace eseguiti al letto del pazienti e/o la percentuale di shunt vasale polmonare. La frequenza con cui effettuare
esami radiologici è data dalla situazione clinica. Essi vengono eseguiti con
minore frequenza quando le condizioni del paziente si stabilizzano o migliorano.
Prevenzione
La profilassi
antibiotica non protegge i pazienti a rischio di polmonite. Una cura meticolosa
nel manipolare direttamente lo strumentario e nell'eseguire le manovre mediche
invasive può ridurre ai minimo l'incidenza delle infezione. Si raccomanda
quanto segue.
(1. Gli
umidificatori sono migliori dei nebulizzatori, poiché le goccioline di questi
ultimi possono veicolare germi fino agli alveoli.
(2.Un
trattamento ottimale delle cannule tracheali, con particolare attenzione alla
pressione del pallone, può ridurre al minimo il rischio di aspirazione con
conseguente polmonite.
(3.Tutti
i medicamenti e i diluenti per la terapia respiratoria dovrebbero essere dì
piccolo volume in confezione monodose e sterili.
(4.
Lo strumentario dovrebbe essere disinfettato o sterilizzato prima dell'uso e i
tubi dovrebbero essere sostituiti all'incirca ogni 24-48 ore.
(5.
Se deve essere eseguita una tracheostomia, questa
dovrebbe essere una procedura elettiva eseguita in asepsi, in sala operatoria.
È importante prestare un'estrema attenzione alle ferite chirurgiche e le
cannule di drenaggio dovrebbero essere cambiate frequentemente se le secrezioni
sono imponenti.
(6.
I pazienti sottoposti a ventilazione assistita dovrebbero essere
appropriatamente aspirati per mantenere pervie le vie respiratorie.
L'umidificazione, la rotazione del paziente da un lato all'altro e la terapia
fisica sono misure aggiuntive per
ridurre al minimo il ristagno di secrezioni.
(7.
È necessario un accurato lavaggio delle mani per evitare la trasmissione delle
infezioni da un paziente all'altro. Un rapporto numerico di 1:1 tra
malati e infermieri è il migliore nelle unità di terapia intensiva. La
filtrazione dell’aria inspirata ed espirata non è necessaria. Non vi sono prove
che l’ossigeno inspirato possa essere veicolo d’infezione, né che possa
avvenire la trasmissione d’agenti infettivi tramite il ventilatore automatico.
Malattìe da clamidie
Capitolo 247. Infezioni da clamidie
A cura del Dr. Julius Schachter
Classificazione
Le clamidie sono batteri gram negativi,
intracellulari obbligati, che presentano un singolare ciclo di sviluppo.
Appartengono all'ordine delle damidiali, famiglia
delle clamidiacee, con un unico genere, Chamydia, che comprende due specie:
(1:Chiamydia psìttaci
(2:Chalmydia
trachomatìs.
Sono distinte sulla base del tipo di inclusioni cellulari e la
sensibilità ai sulfamidici. La Clamydia trachomatis i sensibile ai sulfamidici, presenta inclusioni
che si colorano con preparati iodati (a causa del contenuto in glicogeno) ed è
responsabile del tracoma nei bambini e di diverse malattie sessualmente
trasmesse negli adulti. La Chiamydia psittaci è resistente ai sulfamidici, le inclusioni
cellulari non contengono quantità di glicogeno sufficienti per la colorazione
allo iodio e sono responsabili della psittacosi.
Caratteristiche
La particella
infettante è costituita da un corpo elementare rotondeggiante, del diametro di
250-400 nm circa. L'adesione alla cellula ospite
richiede la presenza di specifici siti recettoriali.
I corpi elementari penetrano nella cellula attraverso un meccanismo di
fagocitosi specifica, indotta dalle stesse damidie.
Nel citoplasma la durata del ciclo riproduttivo richiede circa 48 ore. Nelle
prime 8 ore il corpo elementare infettante si trasforma in particella metabolicamente attiva, non infettante, ricca di RNA
reticolare, del diametro di 1 um
dica che si divide per scissione binaria. L'attività metabolica raggiunge a
massimo fra le 8 e le 24 ore dopo di che i corpi reticolari (noti anche
come corpi iniziali) attraversano un processo di riorganizzazione e di
condensazione per dare nuovamente origine ai corpi elementari. Al termine del
ciclo, dopo 48 ore circa, questi elementi infettanti si riversano nell'ambiente
circostante per lisi della cellula irrimediabilmente compromessa.
La C. psittaci comprende
diversi biotipi e sierotipi attualmente non
identificabili con i comuni metodi di laboratorio: pertanto non è possibile
determinare l'importanza epidemiologia dei vari tipi nelle diverse patologie
umane o animali. Al contrario i sierotipi di C. trachomatis sono identificabili con metodiche di microimmunofluorescenza e con un test di prevenzione della
tossicità nel topo. È stato così dimostrato che i sierotipi
A, B, Ba e C sono associati al tracoma, mentre i sierotipi L-l, L-2, L-3 sono gli
agenti eziologici del linfogranuloma venereo (LVG) e
costituiscono un biotipo diverso (in termini di patogenicità
e siti recettoriali) dalla C. trachomatis.
Gli altri sierotipi (da D a K) sono responsabili,
nelle società industrializzate, di malattie sessualmente trasmesse.
Chiamydia psittaci.
Le C. psittaci sono patogeni molto comuni per
mammiferi domestici e selvatici nei quali determinano un'ampia gamma di forme
cliniche. La maggior parte delle clamidie è trasmessa
per via oro-fecale o aerogena e si localizza
frequentemente nell'apparato gastroenterico. Questi ceppi di clamidia rivestono una importanza molto relativa per la
salute umana, mentre possono avere riflessi economici importanti per la morbidità causata nei mammiferi domestici.
Le C. psittaci degli uccelli sono praticamente ubiquitarie: a tutt’oggi sono
state identificate più di 130 specie di volatili interessate da questa
infezione. Negli uccelli sono state segnalate infezioni polmonari, per quanto
normalmente le clamidie si localizzino a livello
intestinale. Infezioni asintomatiche sono comuni negli uccelli e nei mammiferi
e molteplici fattori quali lo stress, l'affollamento, l'età avanzata, i deficit
nutritivi possono riattivare queste infezioni. Gli uccelli ammalati o portatori
possono eliminare la C. psittaci con le feci,
risultandone perciò una contaminazione ambientale.
I ceppi di C. psittaci degli uccelli sono molto contagiosi per l'uomo.
L'infezione polmonare è generalmente conseguente ad inalazione di polveri
contenenti feci di uccelli disseccate. Storicamente il termine psittacosi è
riservato alla malattia umana e delle
varie specie di pappagalli, mentre quello più
generico di ornitosi viene usato per le infezioni di altre specie aviarie (in patologia umana i due termini
sono per lo più usati
indifferentemente). Gli uccelli esotici da appartamento ed il pollame in
genere, soprattutto tacchini negli USA ed anatre in Europa Orientale,
costituiscono i principali serbatoi di infezione per l'uomo. Infine la
psittacosi può configurarsi quale vero e proprio rischio professionale per i
lavoratori degli allevamenti di pollame.
Chiamydia trachomatis. La C. trachomatis è patogeno pressoché esclusivo dell'uomo;
infatti ad eccezione di un unico ceppo di roditori non sono noti altri ospiti
naturali. La trasmissione avviene per contatti diretti. In aree endemiche per
il tracoma, i bambini acquisiscono l'infezione dai coetanei o dai contatti
familiari. Gli insetti che si posano sulle secrezioni congiuntivali
del tracoma possono fungere da veicoli. Nelle nazioni industrializzate la C. trachomatis è uno dei patogeni più comunemente trasmessi
per via sessuale: negli Stati Uniti le infezioni sessuali da C. trachomatis sono una volta e mezzo più frequenti di quelle gonococciche.
La trasmissione
verticale della C. trachomatis avviene durante il
passaggio del feto attraverso il canale del parto: l'infezione del neonato può
interessare gli occhi, ogni tratto dell'apparato respiratorio e gastroenterico
e la vagina.
Le infezioni asintomatiche sono frequenti:
nell'adulto posono interessare l'uretra maschile e la
cervice uterina, mentre lei bambini sono frequenti le infezioni del
naso-faringe e, con frequenza minore, dell'apparato gastroenterico.
Sebbene siano
stati individuati alcuni fattori di virulenza (ad es., antigeni di superficie
capaci di indurre la fagocitosi e di inibire la funzione fago-lisosomiale),
i meccanismi patogenetici delle clamidie
sono ancora largamente sconosciuti. La C. psittaci è
in grado di infettare, in vivo, diversi tipi di cellule e li replicarsi
all'interno degli stessi macrofagi. Al contrario la;. trochomatìs
(ad eccezione dei sierotipi del LGV) dimostra un
tropismo selettivo per le cellule dell'epitelio colonnare. Entrambe le specie
poi portano a morte la cellula ospite nel corso del proprio ciclo riproduttivo:
l'effetto citopatico è più spiccato per la C. psittaci. I sierotipi del LGV
presentano una maggiore tendenza invasiva rispetto agli altri ceppi di C. rachomatis. È probabile che la reazione dell'ospite svolga
un ruolo preminente nella patogenesi delle infezioni da clamidia.
Nonostante l'infezione si associ ad un'intensa produzione di anticorpi
specifici, complessivamente l'immunità nei confronti delle clamidie
è scarsamente protettiva ed altamente specifica: sierotipi
eterologhi (e le reinfezioni
con sierotipi omologhi in caso di declino dell'immunità
specifica) possono essere responsabili di quadri clinici molto gravi. Infine
sono frequenti le infezioni croniche o ricorrenti.
Chiamydia psittaci. Sono note due diverse
forme cliniche di psittacosi. La più frequente è caratterizzata da una
polmonite atipica con febbre, cefalea intensa, tosse secca e decorso protratto
(v. cap. 220). La seconda forma è definita come tossica o tifoide: i sintomi
respiratori sono assenti ed è caratterizzata da cefalea intensa, febbre e
brividi. E frequente una splenomegalia. Le principali complicanze della
psittacosi sono miocarditi, endocarditi, epatiti e meningiti.
Chlamydia trachomatis.
Linfogranuloma venereo. Si tratta di patologia sistemica a trasmissione
sessuale (v. cap. 228). Nel maschio si manifèsta in genere con linfoadenomegalia inguinale (per quanto riguarda la linfoadenite il rapporto maschio/femmina è di 20: 1)
associata a sintomi sistemici, quali febbre, brividi scuotenti ed intensa
cefalea. Il decorso della malattia viene spesso suddiviso in stadi: la presenza
di un'ulcera superficiale o di una vescicola sul pene rappresenta a primo
stadio della infezione. Lo stadio secondario coincide con la comparsa della linfoadenomegalia inguinale e le complicanze tardive (proctite, procto-colite, stenosi
rettale) con quello terziario. Nelle donne i linfatici nella zona vaginale
drenano nelle ghiandole retroperitoneali, cosicché
normalmente non si ha adenomegalia inguinale. È più
frequente perciò che le donne giungano all'osservazione con le complicazioni
tardive dal LGV, quali la stenosi perirettate o la
sindrome genito-ano-rettale (stenosi, proctiti e fistole retto-vaginali). Sebbene la proctite sia considerata una complicanza tardiva, sono
descritte forme precoci e gravi (spesso associate a febbre e calo ponderale) in
omosessuali maschi. Sono note altre complicanze della infezione a carico delle
articolazioni, fegato e SNC. Infine la linfoadenomegalia
può essere occasionalmente polidistrettuale.
Tracoma Il
tracoma è una congiuntivite cronica follicolare dovuta alla C. trachomatis. In aree epirendemiche
tutti i bambini sono virtualmente infetti prima dei 2 anni di vita (tale
pattern epidemiologico muta con il miglioramento delle condizioni sociocconomiche, allorquando l'età di inizio della malattia
si eleva) e tutti i mèmbri della collettività possono essere interessati dal
tracoma. L'infezione congiuntivale da C. trachomatis è tipicamente cronica e le reinfezioni
sono la regola dopo la guarigione spontanea. Nelle forme più gravi di tracoma
può verificarsi necrosi congiuntivale e conseguente
reazione cicatriziale. Nelle stesse aree inoltre, infezioni batteriche da
pneumococchi, Haenophilus influenzae,
Haemophilus aegyptius e Moraxella (molto diffuse e spesso a carattere stagionale)
contribuiscono ad aumentare il rischio di gravi danni oculari. Tuttavia,
malgrado l'infezione acuta interessi l'età pediatrica, la cecità che può
associarsi al tracoma è tipica dell'adulto. Occorrono infatti anni affinché la
reazione congiuntivale retragga
la palpebra verso l'interno permettendo alle ciglia di provocare abrasioni
corneali. Sono queste lesioni, note come trichiasi ed
entropion, la causa della cecità nel tracoma.
Patologie da Chamydia trachomatìs
dell'apparato genitale maschile. Nel maschio la
C. trachomatis è responsabile soprattutto di uretriti
non gonococciche (v.cap.228). Il quadro clinico può
risultare clinicamente sovrapponibile alla classica gonorrea, anche se la
secrezione uretrale è in genere meno abbondante e mucosa. La C. trachomatis è inoltre una delle cause principali di epididimite acute dei giovani adulti, mentre l'infezione
rettale può causare una proctite. In diversi casi di
gonorrea è presente una coinfezione da clamidie del tutto asintomatica. Allorquando si instaura una terapia con
penicillina, non attiva nei confronti delle clamidie,
è frequente la comparsa di un'uretrite postgonococcica.
Patologie da Chiamydia trachomatìs dall'apparato genitale famminile.
Nelle donne la localizzazione più frequente detta damidia
è rappresentata dalla cervice uterina. Non vi sono in genere sintomi patognomoci di infezione che può decorrere anche in forma
del tutto inapparente. In altri casi può svilupparsi
un'endocervicite con ipersecrezione
mucopurulenta ed erosioni cervicali ipertrofiche. In
diversi casi l'infezione coinvolge l'uretra con comparsa di disuria. Infine può
svilupparsi una bartolinite clinicamente del tutto
simile a quella gonococrica. La C. trachomatis può localizzarsi anche a livello del tratto
superiore dell'apparato genitale: è stata infatti associata ad endometriti, anche se la reale incidenza di tale forma deve
essere ancora determinata. E poi una delle cause più frequenti di salpingite
acuta e sta emergendo come principale agente eziologico di periepatiti
(sindrome di Fitz- Hugh-Curtis).
La salpingite da clamidie ha in genere un decorso più discreto rispetto a quella gonococcica o da
anaerobi; tuttavia il rischio di sterilità secondaria è praticamente
sovrapponibile. A causa delle difficoltà per la diagnosi precoce di infezione
da clamidie e l'elevata frequenza di infezioni genitali ad eziologia mista, la
terapia delle salpingiti dovrebbe sempre
prevedere chemioterapici attivi, anche nei
confronti delle clamidie, associati a quelli
verso gli altri agenti patogeni
eventualmente individuati.
Congiuntiviti da
Inclusi. Interessa i neonati e gli adulti esposti
alle secrezioni genitali infette. Nel neonato, circa 5-14 giorni dopo la
nascita, si manifesta una congiuntivite acuta muco-purulenta: se non trattata,
l'infezione tende a risolversi spontaneamente entro 2 mesi circa. In alcuni
casi però può persistere come flogosi cronica e compromettere la vista. Nella maggior parte dei bambini che non
vengono trattati tempestivamente si formano invece cicatrici ed un micropanno congiuntivele che comunque non comportano danni
visivi. La congiuntivite follicolare acuta compare invece nei sogetti adulti (i
bambini non presentano tale forma sino alla età di 1-2 mesi) e persiste per
mesi. E frequente una cheratite con comparsa di un micropanno
congiuntivele. Nei casi più gravi la malattia non e distinguibile dal tracoma
acuto. Infezioni extraoculari del neonato. La forma più grave è una
caratteristica sindrome polmonare che si manifesta, in genere, fra le 2
settimane ed i 4 mesi di vita. Si tratta di una pneumopatia afebbrile
a decorso protratto, con tachipnea (occasionalmente episodi di apnea) e tosse
secca e intermittente. La pneumopatia può occasionalmente associarsi a grave
otite media e spesso è contemporaneamente presente (o nell'anamnesi) una
congiuntivite. La radiografia del torace dimostra una polmonite interstiziale
diffusa con iperdiafania. È presente in genere
ipergammaglobulinemia (soprattutto IgM) con eosinofilia relativa. La rinite e la bronchite fanno parte
dello spettro di manifestazioni respiratorie da C. trachomatis
del neonato, ma la reale incidenza di queste forme non è ancora stata
determinata. Sono state infine segnalate infezioni rettali e vaginali, non
chiaramente correlabili e patologie di questi distretti.
Infezioni respiratorie dell'adulto. Sulla base
di studi sierologici la C. trachomatis (ed altre
specie di clamidia) è stata indicata come uno dei
possibili agenti eziologici di faringiti dell'adulto.
Inoltre è stata isolata da pazienti con AIDS affetti da polmonite.
Test diagnostici
I metodi per la diagnosi delle infezioni da clamidie
sono sostanzialmente gli stessi impiegati per ogni infezione batterica. La C. trachomatis può essere dimostrata direttamente su vetrini
allestiti con cèllule epiteliali prelevate mediante citologia esfoliativa (tav. III.28). È di fondamentale importanza la
raccolta di un adeguato campione cellulare al fine di dimostrare le
caratteristiche inclusioni citoplasmatiche. La
tecnica che utilizza anticorpi fluorescinati è più
sensibile, ma la colorazione con Giemsa è più facilmente applicabile alla
routine diagnostica. Queste metodiche sono particolarmente utili per la
diagnosi di congiuntivite da inclusi e di tracoma. Tali tecniche citologiche al
contrario non vengono di norma utilizzate nella diagnostica delle infezioni
genitali, in quanto l'isolamento del germe è molto più sensibile. Recentemente
nella diagnosi di infezione da C. trachomatis sono
stati introdotti anticorpi monoclonali fluorescinati diretti verso antigeni specie-specifici: con
questa metodica è possibile dimostrare i corpi elementari direttamente nei
campioni clinici. Questa tecnica è meno sensibile di quella colturale, ma
consente la diagnostica delle clamidie anche a
laboratori che normalmente non sono in grado di effettuare colture tissutali. Gli anticorpi monoclonali
trovano il migliore impiego per la diagnosi in popolazione ad alto rischio e
richiedono una specifica competenza in materia al fine di ridurre al minimo il
rischio di false positività. I test sierologici sono invece utili nella
diagnostica della psittacosi e del linfogranuloma venereo, poiché queste
patologie si assodano ad una significativa risposta anticorpale, L'esame,
effettuato (contemporaneamente) su due campioni successivi di siero (prelevati
durante la fase acuta e la convalescenza), è positivo per psittacosi se si
verifica un incremento di almeno quattro volte nel titolo degli anticorpi
specifici fissanti il complemento. Anche in corso di LGV si osservano titoli anticorpali elevati; tuttavia è difficile dimostrare in
genere il caratteristico incremento, poiché i pazienti giungono
all'osservazione piuttosto tardivamente. La sierologia risulta scarsamente
utile nella diagnostica delle infezioni genitali da clamidia.
A causa delle elevate prevalenze anticorpali nella
popolazione sessualmente attiva. Inoltre il processo tende generalmente a cronicizzare, per cui è difficile potere disporre di
campioni sequenziali con variazioni nel titolo anticorpale. Certamente in caso
di primo-infezione è possibile però dimostrare una sieroconversione specifica (con tecniche di micrommunofluorescenza a causa della scarsa sensibilità
della fissazione del complemento). Se la sierologia risulta poco utile nella
diagnostica delle comuni infezioni mucose, è al contrario il metodo di elezione
per la diagnosi delle complicanze sistemiche da C. trachomatìs
(epididimite nel maschio, salpingite nella femmina,
polmonite nei neonati). L'infezione sistemica comporta alti titoli di IgG ed IgM specifiche (queste ultime particolarmente utili per la
diagnosi nei neonati). Ricordiamo ancora che la polmonite da clamidie si associa ad eosinofilia relativa ed
ipergammaglobulinemia (soprattutto IgM). Nelle infezioni
da C. trachomatìs a localizzazione superficiale
risulta spesso molto utile l'isolamento in coltura del germe. La semina dei
campioni in colture cellulari trattate con 5-iodo-2-deossiuridina o in cellule
di McCoy con cicloesamide
esalta la replicazione delle clamidie.
I campioni biologici contenenti cellule epiteliali devono essere prelevati
direttamente dalla zona interessata, mentre risultano meno affidabili colture
eseguite su secrezioni. La sensibilità degli esami colturali varia
probabilmente in funzione alla sede e del tipo di patologia: raggiunge il 95%
nella congiuntivite da inclusi dei neonati e il 70-80% nelle infezioni genitali
non complicate. A causa delle oggettive difficoltà nella raccolta dei campioni,
la sensibilità è di gran lunga inferiore nelle infezioni
sistemiche da C. trachomatis
Tabella 247.1 Terapia delle infezioni da clamidie |
Prima scelta Seconda scelta |
Microrganismo
e malattia Farmaco Dose Farmaco Dose C. esitasi Psittacosi
Tetracicline 250 mg x 4/die
per Eritromicina 250 mg x 4/die per 3
settimane 3
settimane C.Trachomatis
Tetracicline 500 mg x 4/die
per Sulfametoxazolo 1 g x 4/die per LGV 3
settimane 3
settimane Non LGV Infezione dell’apparato
genitale Tetracicline 500 mg x 4/die per Eritromicina 500 mg x 4/die per 1
settimana o 250 1
settimana
mg x 4/die per 2 settimane Polmonite neonatale Eritromicina 10 mg/kg x 4/die Sulfisoxazolo 37.5 mg/kg x 4/die
Per 2 settimane per 2
settimane Congiuntivite (neonati) Eritromicina 10 mg/kg x 4/die Sulfisoxazolo 37.5 md/kg x
4/die
Per 2
settimane
per 2 settimane Congiuntivite (adulti) Tetracicline 250 mg x 4/die per Eritromicina 250 mg x 4/die per 3
settimane 3
settimane |
Terapia Farmaci di elezione per tutte le infezioni da clamidie
degli adulti sono le tetracicline (tab. 247.1). Lo schema posologico può comunque variare
in relazione alla malattia in causa. Così la psittacosi umana richiede 1 g/die
(250 mg ogni 4 ore) di tetracicline, per almeno 3 settimane, in quanto terapie
più brevi possono comportare recidive. Le patologie da C. trachomatis,
ad eccezione del LGV, rispondono in genere meglio alla terapia antibiotica. Nel
corso del trattamento di LGV si verifica un rapido miglioramento dei sintomi
sistemici, ma la risoluzione della linfoadenomegalia
può richiedere diversi mesi. Anche le altre infezioni genitali da C. trachomatis rispondono bene alle tetracicline (1 g/die per
14 giorni o 2 g/die per 7 giorni). L'alternativa terapeutica alle tetracicline
è l'eritromicina a dosi equivalenti. L'eritromicina succinato
(40 mg/kg in quattro dosi giornaliere) è fra l'altro di elezione nella
polmonite dei bambini e nella congiuntivite da inclusi del neonato. Per
quest'ultima poi il solo trattamento con tetracicline o sulfamidici per uso
topico risulla del tutto inadeguato con percentuali
di insuccesso che si avvicinano al 50% dei casi. Chiaramente molti di questi
bambini hanno una contemporanea infezione del naso-faringe con conseguente reinfezione congiuntivale in
seguito alla terapia congiuntivale per via topica. La
terapia locale è invece di routine nei trattamento di massa del tracoma nei
Paesi in via di sviluppo. Analogamente a quanto precedentemente esposto sono
possibili insuccessi terapeutici o reinfezioni e l'eradicazione della clamidia può
richiedere trattamenti per via sistemica. I sulfamidici (sulfisossazolo
4 g/die per 7-14 giorni) sono efficaci nei confronti
della maggior parte delle infezioni da C. trachomatis.
Tuttavia l'impiego di tali tarmaci nella patologia genitale da clamidie non è in genere raccomandato. La diagnosi eziologica di tali forme è spesso impossìbile
e la terapia è perciò empirica. In queste condizioni, dopo aver escluso la
gonorrea, conviene utilizzare le tetracicline che. Al contrario dei
sulfamidici, sono attive nei confronti sia della C trachomatis
che dell’Ureaplasma urealyticum,
responsabili insieme della quasi totalità delle uretriti non gonococciche. Un trattamento con tetracicline per una
settimana (alla stessa posologia raccomandata per l'uretrite non gonococcica) è infine raccomandato anche nella gonorrea, al
termine della terapia con amoxicilina o ampicillina e probenecid, al fine
di ridurre il rischio di uretriti postgonococciche
nel maschio e di cerviciti e salpingiti postgonococciche della femmina.
Profilassi
Attualmente non esistono vacini efficaci
nei confronti delle clamidie dell'uomo. Il controllo
delle malattie sessualmente trasmesse richiede l'identificazione ed il
trattamento dei partner sessuali. Un'infezione da clamidia
nel neonato (congiuntivite, polmonite) impone il trattamento della madre e dei
propri partner sessuali. Gli adulti con congiuntivite da inclusi devono essere
trattati con farmaci per via sistemica, poiché l'infezione interessa sempre
anche l'apparato genitale; anche i partner dovranno essere sottoposti a terapia
specifica. La profilassi neonatale con pomata a base
di eritrocina allo 0,5%, da applicare in sede congiuntivale, previene la congiuntivite da clamidie, ma non le localizzazioni polmonari.