titolo 3° - RAPPORTI CON IL CITTADINO

CAPO I - REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO


Art. 22 Certificazione

Il medico non può rifiutarsi di rilasciare direttamente al cittadino certificati relativi al suo stato di salute.
Il medico, nel redigere certificazioni, deve valutare e attestare soltanto dati clinici che abbia direttamente constatato.

Commento:
Tra le funzioni fondamentali del medico va ricompresa quella certificativa. Attraverso il certificato il medico formula un'attestazione di fatti biologici tecnicamente obiettivati.
Il certificato in taluni casi deve, peraltro, riportare anche una valutazione del dato obiettivo constatato, valutazione che andrà svolta, a seconda della necessità, in riferimento alla idoneità al lavoro, alla frequenza scolastica, allo svolgimento delle attività sportive ed altri adempimenti.
I certificati medici vanno distinti dalle prescrizioni poichè nei primi l'elemento prevalente è quello della dichiarazione di verifica di determinati stati e non l'indicazione della necessità di una determinata terapia.
Tra i due documenti vi è comunque un medesimo nesso concettuale costituito dal giudizio clinico su cui si fonda sia il certificato che la prescrizione.
Per una definizione dal punto di vista giuridico della certificazione medica, per la determinazione dell'efficacia probatoria della stessa e per le conseguenze che ne possono derivare appaiono significative le massime di sentenze che di seguito riportiam
Cass. - Sez. V, 3 luglio 1979 - "Affinchè un documento proveniente da un medico possa qualificarsi certificato medico, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 481 C.P., è necessario che il suo contenuto rappresenti in tutto o in parte una "certificazione", cioè che attesti fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità".
Cass. - 8 ottobre 1957 - " Anche nel giudizio medico può cogliersi la deformazione della verità che costituisce l'elemento obiettivo del reato di cui all'art. 481 C.P., quando in esso sia implicita la rappresentazione non corrispondente al vero dei fatti morbosi che ne sono il presupposto; pertanto il reato di falsità in certificati sanitari sussiste non solo quando la falsità incida nell'attestazione delle attività svolte in concreto dall'autore del documento, ma anche quando essa concerna i presupposti di fatto esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio diagnostico o terapeutico".
Corte dei Conti - Sezioni riunite - 11 gennaio 1993 - "La presunzione di verità fino a querela di falso ex artt. 2699 e 2700 c.c. deve ritenersi limitata ai fatti oggetto di certificazione e non anche ai giudizi o agli effetti ulteriori dei fatti stessi, con la conseguenza che, in quanto dichiarazione di scienza, il certificato medico può espletare la sua efficacia probatoria privilegiata anche nel processo ma limitatamente ai fatti oggetto di certificazioni e non anche quanto agli effetti ulteriori che non potevano essere percepiti o previsti dall'ufficiale certificatore al momento dell'accertamento; e, pertanto, in ordine alla natura e ai limiti invalidanti delle infermità accertate, il certificato medico che ha dato poi luogo a provvedimenti di congedo o aspettativa è un semplice mezzo di prova per vincere il quale non occorre lo strumento della querela di falso e invece concorre con ogni altro mezzo di prova alla formazione del convincimento del giudice."
La certificazione attestante talune infermità (sindrome ansiosa, ulcera gastrica, distonia vegetativa ecc. ) - di per sè comportante astrattamente un giudizio di infermità invalidante e di impedimento delle prestazioni lavorative - deve essere valutata anche alla luce delle prove contrarie."Cass. - Sez. VI Penale - 24 maggio 1977 e Sez. V Penale - 16 febbraio 1981 - " Il reato di falsità ideologica in certificazioni amministrative deve ritenersi sussistente in tutti i suoi elementi quando il giudizio diagnostico espresso dal medico certificante si fonda su fatti esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio medesimo, che siano non rispondenti al vero e che ciò sia conosciuto da colui che ne fa attestazione".
Essendo la veridicità requisito sostanziale, fondamentale del certificato, possono interessare i medici, a seconda della qualifica giuridica che assumano nell'esercizio professionale (quale pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio: il certificato ha natura di pubblico atto; quale esercente un servizio di pubblica necessità: il certificato è scrittura privata) i reati di falso previsti negli artt. da 476 a 493 bis del codice penale.
L'art. 22 del codice deontologico fissa per il medico una serie di precisi obblighi concernenti la certificazione.
- Obbligo del rilascio del certificato su richiesta del paziente e direttamente al paziente medesimo
Il medico non può rifiutare la consegna diretta al paziente di un certificato relativo al suo stato di salute e ciò indipendentemente dal fatto che il certificato richiesto sia uno di quelli dovuti ai sensi delle varie convenzioni (es. di medicina generale ) e/o previsti da precise disposizioni di legge, o semplicemente facoltativo, cioè destinato a un uso strettamente privato.
Il certificato è da consegnare al soggetto cui si riferisce (o al suo legale rappresentante o a persona indicata espressamente dal paziente) o ad altro richiedente cui la legge ne riconosca il diritto.
Se altra persona chiede a nome del paziente la consegna del certificato il medico deve accertarsi che tale consegna corrisponda alla volontà del paziente.
- Obbligo della corrispondenza del certificato alle constatazioni dirette effettuate dal medico
Il medico non può rilasciare il certificato sulla base di quanto riferitogli da terzi o su quanto egli non abbia constatato. Poichè il certificato è redatto previa richiesta del paziente e può riportare sintomi riferiti dallo stesso, non sempre obiettivabili, il medico, nella certificazione stessa, deve distinguere tra quanto obiettivamente da lui riscontrato e quanto riferito.
Il certificato contiene, inoltre, un giudizio clinico che si forma sulla base dei dati rilevati e indicati e che si compone di diagnosi e prognosi.
E' opportuno che il medico giustifichi la formulazione di detto giudizio clinico sulla base della valutazione dei dati rilevati e di quelli forniti dal paziente.
Il nuovo codice non esplicita più il divieto del rilascio dei certificati di compiacenza in quanto si è ritenuto tale divieto implicito nell'obbligo del requisito della veridicità che connota la certificazione e la cui inosservanza costituisce, evidentemente, grave violazione dell'affidamento che viene riposto nella attestazione medica, quindi della stessa credibilità della funzione del medico.