titolo 6° - RAPPORTI CON IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E CON ENTI PUBBLICI E PRIVATI

CAPO II - MEDICINA DELLO SPORT


Art. 76 Doping

Il medico non deve consigliare, prescrivere o somministrare trattamenti farmacologici o di altra natura diretti ad alterare le prestazioni di un atleta, in particolare qualora tali interventi agiscano direttamente o indirettamente modificando il naturale equilibrio psico-fisico del soggetto.

Commento:
Per quanto riguarda il problema, particolarmente discusso, del rapporto tra medico e trattamento doping l’articolo in commento ha, in modo innovativo, chiarito il divieto per il medico di consigliare, prescrivere e somministrare trattamenti farmacologici o di altra natura diretti ad alterare la prestazione dell’atleta.
E’ necessario porre l’accento sull’innovativo divieto di somministrare, considerando che alcune pratiche prevedono la necessità dell’intervento medico. Si pensi ad esempio alla pratica dell’autoemotrasfusione, in un primo tempo tollerata e successivamente proibita dalla legislazione sportiva.
L’articolo vieta al medico di agire direttamente e indirettamente in questo settore, considerando il ricorso alle pratiche di doping sempre pericoloso per la salute e causa di sensibili e a volte irreversibili modificazioni dell’equilibrio psico-fisico.
Il problema dell'utilizzo delle sostanze "doping" nello sport è, come noto, al centro di un dibattito particolarmente approfondito che interessa e preoccupa l'intera opinione pubblica. Tale questione, anche se concerne principalmente l'attività sportiva professionistica o comunque svolta ad alto livello, riguarda anche il mondo dello sport "dilettantistico" ed ha risvolti anche di carattere sociale. Si pensi a questo riguardo alla diffusione di farmaci e prodotti "anabolizzanti", fra i frequentatori di palestre o istituti in cui si pratica il c.d. "culturismo". Siamo di fronte, quindi, anche a soggetti che non ricavano alcun utile economico dalla propria pratica sportiva e che comunque sono inclini a utilizzare trattamenti farmacologici gravemente dannosi.
Al di là delle definizioni e degli elenchi che difficilmente possono risultare esaustivi, considerando il rapido progredire delle conoscenze scientifiche, il codice deontologico obbliga il medico ad astenersi dall'utilizzare trattamenti farmacologici o di altra natura che, per influenzare artificialmente le prestazioni di un atleta, agiscono modificando il naturale equilibrio psicofisico del soggetto.
Il medico deve sì mirare ad assicurare il miglior livello possibile di cure per la salute dell'atleta considerando gli sforzi che richiede la sua attività, ma deve opporsi all'uso di metodi di cura volti unicamente al superamento del limite della prestazione disponibile nell'atleta per la complessione psico-fisica in quel tempo.
Occorre sempre considerare che anche i rischi cui l'individuo si espone non sono mai proporzionali agli obiettivi da raggiungere. Qualsiasi consenso fornito dall'interessato non può mai esimere il medico dalle sue responsabilità, considerando che è in discussione la salute dell'individuo che, come è noto, non è un "bene disponibile". Anche in questo settore trova applicazione il principio dell'informativa tra colleghi per cui il terzo comma dell'articolo in commento prevede l'obbligo del medico sportivo di comunicare al medico curante le terapie (anche quando ovviamente non costituiscono doping) cui si sta sottoponendo l'atleta. E' opportuno evidenziare che la comunicazione deve sussistere anche all'inverso, cioè tra medico curante e medico dello sport. Si pensi infatti al caso frequente di atleti che assumono farmaci "proibiti" per gli sportivi ma assolutamente leciti per i "normali cittadini". La mancata comunicazione al medico sportivo può far incorrere l'atleta in provvedimenti punitivi non meritati.
Per questo il ruolo dell'Ordine, attraverso il suo potere disciplinare, in sintonia con il Coni e le varie Federazioni sportive può risultare decisivo per interventi non solo repressivi, atti a combattere il doping. Da qui discende la necessità della collaborazione di medici che devono preoccuparsi di segnalare al proprio Ordine qualsiasi comportamento scorretto (prescrizione o suggerimento di assunzione di farmaci, integratori alimentari o sostanze da considerarsi dopanti) posto in essere da medici o da non medici. E' chiaro che il potere disciplinare dell'Ordine potrà applicarsi solo ai primi ma nulla vieta all'Ordine di chiedere l'intervento giudiziario sui secondi, specialmente quando sia configuarabile il reato di esercizio abusivo della professione.